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ritorno   Andare sui pianeti extrasolari  
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Vista d’artista di un “veliero solare”
Credito : Osservatorio di Parigi / UFE

Entro la metà del XXIesimo secolo, dovrebbe essere iniziata la cartografia multicolori dei pianeti extrasolari, compresi quelli con dimensioni simili a la Terra. Si potrebbe cosi cominciare a vedere dettagli, all livello dei continenti sulla superfive dei pianeti extrasolari. Mano a mano che gli interferometri avranno una base sempre piu lunga, fino anche migliaia di chilometri, questi dettagli sarano sempre piu precisi.

Tuttavia questo metodo ha dei limiti, la base degli interferometri non potra essere estesa fino all’infinito e si finirà per raggiungere, con questo metodo, un limite nella conoscenza del terreno dei pianeti

Come fare a superare questo problema? L’unica soluzione sarà un esplorazione in situ, analoga a quella che si pratica nel sistema solare. Ma anche questa prospetiva incontra seri ostacoli.

Iniziamo col lo smantellare un mito: il teletrasporto quantistico, che permette di stabilire certe correlazioni statistiche a distanza istantaneamente, non sarà di nessun aiuto visto che per teletrasportare delle correlazioni tra un posto A e un posto B, è necessario che due osservatori si trovino già in A e in B.

Rimane l’idea di uno spostamento classico. Ci sono allora due difficoltà da superare:

  • La propulsione

    Se si vuole arrivare in un tempo ragionevole, a scala umana, ad un pianeta eventualmente in vicinanza delle stelle piu vicine a 4 anni luce, diciamo 40 anni, bisognera raggiungere un velocità pari a un decimo di quella della luce. Cio’ suppone dei mezzi di propulsione nucleari, che implicano seri problemi di sicurezza.

  • L’ostilità dell’ambiente interstellare

    Ma c’è un problema piu grave. L’ambiente interstellare non è per nulla il “vuoto intersiderale” del quale parla la letteratura. Contiene della materia la cui densita media è di 1 atomo d’idrogeno per cm3. Questa materia è essenzialmente un misto di gas e di piccoli grani di “sabbia” chiamati “polvere interstellare”. Non si conoscono esattamente le dimensioni medie di questi grani. Ma un grano di 0,1 mm di diametro che colpisce una navicella alla velocita di 0,1 volte la velocita della luce ha la stessa energia cinetica, e fa dunque altrettanti danni, di una macchina lanciata a 100 km/h. Per un grano di 1 mm, la velocita corrispondente della macchina sarebbe di 3600 km/h. Bisogna dunque, o impiegare mezzi considerevoli per proteggersi da tali urti, cio che aumenta il peso della navicella aggravando i problemi di propulsione, oppure diminuire la velocita della navicella il che aumenta la durata della missione.